Discopatia degenerativa lombare
La discopatia degenerativa è una patologia caratterizzata da alterazioni biochimiche e strutturali del disco intervertebrale. Le prime sono caratterizzate da aumento del collagene e dalla riduzione del contenuto in proteoglicani ed acqua.
Tali modificazioni causano una riduzione delle capacità idrostatiche del nucleo polposo e dell'elasticità del disco, che acquista caratteristiche più fibrose (fig.1). La conseguenza è la tendenza del disco ad assorbire in modo disarmonico le sollecitazioni meccaniche in compressione e flessione (fig.2). Con il progredire del processo degenerativo il disco può ridursi in altezza condurre ad un quadro di microinstabilità.
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Figura 01
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Figura 02
La causa della discopatia degenerativa sembra essere correlata ad alterazioni geniche, come suggerito dalla familiarità della lombalgia discogenica.
La discopatia degenerativa può essere sintomatica o asintomatica, presentandosi come lombalgia acuta o cronica. La lombalgia cronica è presumibilmente dovuta alla disarmonica distribuzione delle sollecitazioni meccaniche alle pareti dell'anello fibroso, che determinano un'anomala stimolazione delle fibre nervose dell'anello stesso. Non sono normalmente riferiti sintomi radicolari periferici.
La diagnosi strumentale della discopatia degenerativa viene comunemente posta con esame RNM (figg.3-4), ed in fase avanzata anche con una semplice radiografia in proiezione laterale (fig.5),standard o dinamica (figg.6-7). La discografia può essere utile in alcune circostanze.
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Figura 03
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Figura 04
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Figura 05
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Figura 06
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Figura 07
Il trattamento chirurgico della discopatia degenerativa diviene appropriato in presenza di una lombalgia discogenica cronica di durata superiore ai 12 mesi, in presenza di una disabilità medio-grave e di una discopatia non superiore a due livelli contigui in pazienti con normale stabilità psichica.
In tali situazioni sono indicati interventi chirurgici di artrodesi strumentata (postero-laterale, intersomatica, circonferenziale).
In una artrodesi postero-laterale ci si avvale dell'impianto di barre e viti peduncolari in associazione ad innesto di osso autologo (fig.8), per ottenere una secondaria "artrodesi" fisiologica (ossia una fusione ossea), potendo anche prevedere la stabilizzazione di più spazi contigui.
Invece, nella tecnica di artrodesi o fusione intersomatica è previsto l'uso di dispositivi, denominati "cages" in diversi materiali (titanio, peek, tantalio, carbonio), da impiantare nello spazio intervertebrale dopo accurata discectomia, quasi sempre in associazione ad osso autologo per favorire una migliore artrodesi intersomatica (fig.9).
Nel trattamento di un solo spazio si può talora ricorrere alla tecnica "stand alone" (fig.10), ossia senza associazione di strumentazione con barre e viti.
Attualmente il trattamento preferito è quello dell' artrodesi circonferenziale strumentata, nel quale si associano l'impiego delle viti peduncolari con le barre e quello di dispositivi intersomatici (fig.11). Con tale tecnica si garantisce una massima stabilità dell'impianto, con una fusione successiva sia anteriore che postero-laterale, ed inoltre è più agevole il ripristino della lordosi segmentale negli spazi trattati. Nel trattamento di due o più spazi è sempre preferibile quest'ultima tecnica (fig.12).
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Figura 08
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Figura 09
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Figura 10
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Figura 11
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Figura 12